Despacito è più stressante della pubblicità su Spotify?

Tutti conosciamo il fenomeno Spotify: ci accompagna nei tragitti, solitari o condivisi, nelle attese, riempie gli spazi delle nostre giornate a comando seguendo il ritmo dei brani musicali che più amiamo.  Spotify nasce nel 2006 a partire da una startup svedese, nel 2010 si diffonde negli States e nel 2011 raggiunge un milione di iscritti (per il servizio Premium, quello a pagamento).

Diamo un’occhiata a questa chart di Statista per comprendere meglio la virality della diffusione del servizio nel corso di questi ultimi anni.

Luglio 2017. Con i suoi 60 milioni di paying subscribers, il servizio di streaming musicale on demand più famoso al mondo supera ampiamente gli ascolti del competitor Apple Music. Il servizio Premium offre una serie di vantaggi considerevoli se confrontato con la versione free, tra i quali la possibilità di download/ascolto offline dei brani e qualità superiore in termini di resa sonora.

Non è tutto, gli ascoltatori seriali stoicamente fedeli all’uso free sanno dove stiamo per arrivare: il servizio Premium garantisce anche l’assenza di pubblicità. Al contrario, usufruire del servizio senza subscription implica il confrontarsi con la tanto discussa interruzione simil-radiofonica o visiva che propone hit, trailer cinematografici, nuove leve dal fronte musicale.

Spotify è certamente il servizio di streaming musicale più diffuso al mondo, con i suoi 140 milioni di utenti, di cui 60 milioni utenti premium. Ma quanto è sostenibile il suo modello di business freemium? I ricavi del 2016, per il colosso dello streaming, segnano 3,3 miliardi di US$ (rispetto ai 7,6 miliardi del mercato globale dello streaming).  Di questi, 2,76 miliardi (US $) provengono dagli utenti premium mentre “solamente” 300 milioni (US $) dalle inserzioni pubblicitarie.  Il modello di business non si basa tanto sugli introiti pubblicitari, ma, piuttosto, quanto questi siano capaci di convertire utenti da free a premium. In questo contesto abbiamo deciso di valutarne l’efficacia:

Quanto può essere stressante questa pubblicità? È possibile misurare lo stress della suddetta interruzione? La risposta ci può arrivare da un lato dalle opinioni esplicite degli utenti (i.e. questionario), dall’altro lato dalla misurazione degli indici psicofisiologici, in particolare la conduttanza cutanea (SC) e l’elettroencefalogramma (EEG).

Noi di TSW Experience abbiamo ricreato in laboratorio una session di ascolto musicale su Spotify che ha previsto l’ascolto (controbilanciato) di bue brani, interrotti dalla comparsa dell’interruzione pubblicitaria.

Per quanto riguarda il campione, abbiamo selezionato 20 persone (range d’età 20-35), con competenze digitali medio-alte e preferenze musicali assortite: dall’ascoltatore indie più accanito all’estimatore delle grandi hit (se non l’avete già letto, vi consigliamo la lettura dell’articolo che affronta la questione della numerosità del campione di un test di neuromarketing) .

Per quanto riguarda la musica, abbiamo identificato due brani musicali stabili da tempo nella chart Top 50 – Global, ovvero “Something just like this” di Coldplay feat. The Chainsmokers e l’ormai celeberrima “Despacito” di Louis Fonsi feat. Daddy Yankee, randomizzando l’ordine degli ascolti ed intervallandoli con un’interruzione pubblicitaria, ovvero la promo Spotify di hit estive (italiane e non).

Analizzando le risposte esplicite che abbiamo ricevuto dagli utenti tramite il questionario, abbiamo ottenuto i seguenti risultati:

Figura 1. Medie delle preferenze esplicite (accordate dagli utenti) a confronto: abbiamo richiesto loro di rispondere alle domande con un punteggio in scala (1-min, 10-max).

“Something just like this” svetta su “Despacito” in quanto a gradimento. L’interruzione pubblicitaria, sempre a detta dei nostri utenti, è decisamente poco piacevole rispetto ai brani musicali.

Sarà davvero così? Vediamo più in dettaglio.

Gli utenti che hanno partecipato all’esperimento hanno indossato Empatica E4 per la misurazione della conduttanza cutanea ed Emotiv Epoc+ per la registrazione dell’attività cerebrale.

Per approfondire il funzionamento degli strumenti di misurazione della conduttanza cutanea, consigliamo la lettura di questi articoli:

 

La conduttanza cutanea (SC) è un indice psicofisiologico legato all’attivazione del sistema nervoso simpatico: in questo senso ci fornisce informazioni utilissime per la valutazione dell’arousal, cioè del livello di attivazione dell’utente, anche se non ci dice molto circa la qualità di quell’attivazione. Questi sono i risultati.

Figura 2. Medie dei valori di conduttanza a confronto.

Interessante notare come questo grafico riveli qualcosa di diverso rispetto alle risposte esplicite fornite dai nostri utenti. A livello di intensità di arousal, “Something just like this” è il brano meno emozionante se confrontato con l’interruzione pubblicitaria e con “Despacito”.

Si tratta di un’attivazione emotiva piacevole?

Come anticipato, una volta misurata e quantificata l’intensità della reazione, è fondamentale capire la qualità dell’attivazione esperita e l’EEG ci corre in aiuto per far luce sulla questione. In questo senso, siamo andati a valutare il livello di engagement a partire dalle risposte cerebrali.

E il risultato è ancora più interessante.

“Something just like this” è sostanzialmente equiparabile alla pubblicità in quanto a grado di coinvolgimento, nonostante esplicitamente qualificata come l’ascolto più gradevole tra tutti (vedi Figura 1). Interessante notare come la pubblicità sia in grado di generare un livello di engagement pari a quello di una canzone, non andando quindi ad interrompere bruscamente l’esperienza di fruizione musicale.

Complimenti quindi a Spotify che ci fornisce un servizio free proponendoci inserzioni pubblicitarie che, alla fine dei conti, non si rivelano nemmeno troppo disturbanti e stressanti.

Ma parliamo ora di “Despacito”. Il tormentone raeggeton su cui si è abbattuta l’aspra critica degli addetti ai lavori e non, sui social come dal vivo, è quello in grado di far vibrare maggiormente le corde dell’ingaggio e del coinvolgimento emotivo. È quindi arrivato il momento di scomodare i The Jackal e il loro divertentissimo video virale, dato che ci avevano visto lungo.

7 agosto 2017 Elia Bazzan